Nostalgia Virtuale exhibition
From Saturday 12 to Sunday 20 June 2021 my artworks together with those of VERA VERA – Artist were exhibited in a bipersonal at the PR2 in Via D. Azeglio 2, Ravenna, within the exhibition “Nostalgia Virtuale“, with critical commentary by Silvia Mantovani.
Exhibition critical essay
“Partendo dal dolore interiore per un passato ideale, la nostalgia, e attraverso l’utilizzo e il richiamo alla più recente tecnologia, Vera Berardi in arte Vera Vera, scultrice, e Matteo Succi in arte Svccy, digital artist, ci propongono l’esperienza estetica come possibile soluzione ai mali della contemporaneità.
L’opera di Vera Vera è una ricerca incessante dentro le relazioni umane, in tutte le loro possibili sfaccettature, intime, sociali e social, fino all’indagine solipsistica del rapporto con se stessi. La creatività è volta al ritrovamento di un nucleo originale, autentico e puro.
Attraverso interventi di defigurazione e sfigurazione tesi a negare i canoni classici della bellezza artistica e umana, Vera Vera si allontana dalle visioni distorte e fasulle dell’apparenza perfetta. La negazione del valore della bellezza assoluta diventa il gancio che l’artista offre per riflettere su nuove forme di rappresentazione estetica contemporanee. La perfezione esteriore vorrebbe millantare anche una presunta perfezione morale, ma i tentativi di relazionarci al mondo utilizzando forme di bellezza e virtù tradizionali prive di difetti sono destinati a fallire, perché inautentici.
L’artista si pone quindi con coraggio contro canoni estetici classici del Rinascimento e interviene su modelli indiscussi di bellezza come la Venere di Botticelli, il David di Michelangelo o L’uomo vitruviano di Leonardo. L’intervento artistico di Vera Vera sfigura allora il viso della Venere, defigura il David attraverso la rappresentazione di un solo particolare fisico, riproposto in una versione selfie a specchio, obbligando lo spettatore ad osservarsi in un occhio privo di profondità, accecato da una moneta senza valore, mentre l’immagine vitruviana viene ripensata come busto romano genio della contemporaneità.
Le opere di Vera Vera si inseriscono nel ciclo denominato #Tellmewords e nascono dall’interazione con il pubblico dei social. #Tellmewords è la coraggiosa esortazione dell’artista ai suoi followers, affinché le inviino parole che lei stessa riporterà sulla superficie delle sue opere tramite caratteri mobili. Le parole, prima trascritte su fogli di carta, vengono poi trasposte sull’opera facendo diventare lo spettatore/follower parte creatrice e presenza imperitura. Uno strumento di arte processuale e relazionale, visto che la scultrice svela il momento della sua creazione artistica attraverso la pubblicazione di immagini e video, esponendosi così ad un giudizio virtuale che diventa concreto nelle parole che si materializzano sull’argilla fresca. Parole che, per Vera Vera, sono strumenti di relazione ma anche possibili deviatori dalla realtà, ad esempio quando dietro ad un profilo social si cela un’identità diversa da quella che sembra. In una contemporanea versione della Creazione di Adamo di Michelangelo, l’artista diventa allora un novello Adamo tatuato che, ancora una volta, si pone in #connection con i suoi followers digitali, pensati qui come esseri ideali attraverso l’immagine di Dio e degli angeli, ma, allo stesso tempo, percepiti come soggetti inquietanti con i volti coperti e ricoperti di piccole informi foglie d’oro.
Anche la pandemia diventa occasione di riflessione sulla nostra identità più profonda. La scultura di un enorme virus, #covid-19, creato durante il primo lockdown nel 2020, ci mette alla prova con le nostre paure e assume una funzione esorcistica. Mentre la mascherina che cela uno dei due volti dell’artista nella scultura #selfportrait2020, rappresenta una metafora delle nostre difficili relazioni sociali.
Le disillusioni e delusioni di Vera Vera trovano una possibile soluzione nell’osservare il mondo animale, in particolare l’atto sessuale della riproduzione che “è un atto puro e privo di perversioni”, dice l’artista, “dove prevale solo l’atto in sé, senza nessun infingimento, nessuna visione deturpata dell’atto stesso, solo un’unione fisica volta alla riproduzione”.
Con Matteo Succi, in arte Svccy, la nostalgia come dolore verso un passato apparentemente migliore del presente si concretizza in visioni digitali di un mondo appena trascorso, gli anni ‘80 e ’90, ma anche futuribile, perché potrebbe ancora accadere. Con una corrispondenza di sensi nella poetica della Vaporwave, recentissima corrente artistica sviluppatasi online, ma in una declinazione “più oscura e introspettiva”, Svccy fa impersonificare la figura umana da desolate statue greche, protagoniste di contesti onirici, dove il recente passato viene riproposto attraverso collages digitali di oggetti tecnologici già desueti, come i floppy disks, le musicassette, le console dei videogiochi più famosi, ma anche i recenti cd. Nelle fotografie digitali di Svccy, le statue si trovano avvolte, I’m stuck, Packed, dalle spire minacciose dei frutti di un’urbanizzazione globale, rappresentata da palazzi e grattacieli dalla mole soffocante. Le atmosfere rosacee e vaporizzate, Vaporization, diventano luoghi di straniamento dello spettatore che si sente portato via dall’inconsistenza di una fatua realtà consumistica, così come dal senso di abbandono di ambienti commercial-industriali dimenticati, o dalla tecnologia alienante di vie urbane completamente solitarie dal sapore orientale dove le statue sono l’unico elemento “umano”.
Gli enormi palazzi diventano allora simboli di una vertiginosa presunzione umana e di un’ambizione vorace, Melancholy, Pride, Pleasure, verso una supersonica tecnologia che, seppur originata dall’uomo, lo sta superando con un potere di distruzione apocalittica e di controllo globale.
La statua greca potrebbe allora essere vista come una sana nostalgia cui tendere, la nostra ghiandola pineale originaria, la nostra culla culturale che Svccy ci invita ad osservare nel suo dolore solitario, nella sua tristezza e nel suo tentativo di distoglierci dal vortice di un presente impazzito privo di valori e identità reali.
Le immagini digitali di Svccy sono uno sguardo di consapevolezza virtuale sulla contemporaneità, in cui siamo inautenticamente e irrealmente calati, e nella quale l’adattamento non sembra essere la soluzione più salutare per sopravvivere. Svccy ci conduce allora verso un’esperienza estetica nostalgica, di un mondo passato da poco ma più vicino ai ritmi naturali dell’essere umano, con la visione disillusa di un nativo digitale il quale si avvale di forme di collages contemporanee e di immagini 3D, quali media per un ritorno al passato.
L’opera di Svccy si pone anche come occasione di riflessione su temi sociali, come le frequenti rivolte nelle banlieues francesi a causa dei fenomeni di disuguaglianza sociale, Liberté, Égalité, Fraternité, dove l’immagine struggente della statua greca all’interno di una tenuta da sommossa, diventa rappresentazione di una compassione fortunatamente non definitivamente perduta.
Non ci sono possibilità di fuga quando la nostalgia batte. E’ un sentimento che si ripresenta giorno dopo giorno, fino a quando non le viene dato ascolto affinché i nostri sensi si volgano al recupero di un’identità più autentica, prima che essa possa sfuggirci del tutto.”
Testo di Silvia Mantovani